CUS Torino, una storia lunga 70 anni

02 Dicembre 2016

Importante anniversario per il prestigioso sodalizio torinese nel segno di una storia costellata da grandi protagonisti ed eventi indimenticabili

di Giorgio Cimbrico

Scelta una reggia, quella di Venaria Reale, dove i Savoia andavano a caccia, per il 70° compleanno del CUS Torino, aggregato a molte facce come tutti i centri universitari sportivi e capace di giungere su picchi assoluti, in primis nella pallavolo, ma legato, come Prometeo alla roccia, all’atletica: e così non poteva che essere il presidente FIDAL Alfio Giomi ad affiancare in questa occasione Riccardo D’Elicio, un tempo saltatore in alto, oggi a capo del feudo più amato da Primo Nebiolo che lo governò, spesso affidandolo al proconsole Angelo Cremascoli, per mezzo secolo e sino all’ultimo respiro, senza mai dimenticare che da lì era cominciata la sua avventura sui molti pianeti della galassia sportiva.

Per lunghi anni via Braccini diventò un laboratorio di ricerca, un luogo di invenzioni: alcune possono essere ricordate con la dolcezza d’uso per tutto ciò che è stato spazzato dal tempo. Il 2 giugno era la festa della Repubblica ma era anche l’occasione per andare al vecchio Comunale e vedere campioni con maglie diverse dal solito, quelle delle loro associazioni universitarie. E così apparve Heide Rosendahl nel suo pieno fulgore in uno di questi appuntamenti che riunivano l’est e l’ovest anche in anni duri, di blocchi, di guerra fredda. Nebiolo aveva inventato la sua glasnost, la sua perestrojka, molto prima, nel ’59, quando aveva rifondato l’Universiade, aveva piantato le radici a Torino e, con un colpo di teatro, era riuscito ad avere i misteriosi cinesi, quando ancora Jean-Luc Godard non aveva girato “La Cina è vicina” e a tutti sembrava lontanissima.

Di quell’edizione rimangono foto memorabili e profetiche e una ritrae un giovanotto sottile, elegante, con lo sguardo nascosto da occhiali scuri, tagliare il traguardo dei 200 con vantaggio abissale sul resto della compagnia: un anno dopo Livio Berruti avrebbe concesso il bis sulla pista dell’Olimpico di Roma. Il campione mondiale universitario diventava campione olimpico, con doppio record del mondo in un paio d’ore, per chi è affezionato alle statistiche. Anni febbrili, lungo i quali la città del pluripresidente (Cus, Fisu, Fidal, Iaaf, Asoif) si era trasformata in una delle capitali dell’atletica: la prova più evidente fu la finale di Coppa Europa del ’79 quando in una Torino agostana, deserta, con richiami immediati e inevitabili alla Donna della Domenica dei torinesi Fruttero e Lucentini, lo stadio offrì per due giorni uno strabiliante spettacolo di pubblico. Ai risultati pensò una generazione di indimenticabili: il baffuto Harald Schmid al primato europeo dei 400hs, la calligrafica Marita Koch al mondiale dei 400.

Primo, il Grande Impresario, quel che qualche avversario maligno su antiche pedane di salto in lungo chiamava cit e plà, piccolo e pelato, coinvolgeva il Cus, offriva anno dopo anno, occasioni per formare dirigenti, tecnici, atleti, regalava alla città appuntamenti. Fu per un Italia-Usa che venne registrato un nuovo record mondiale: gli 8 piatti di agnolotti divorati da Al Feuerbach per lo stupore di Vittorio Urbani, il ristoratore per eccellenza di tutto quel che veniva partorito sotto lo stemma del Toro rampante. Mary Decker, poco più che 14enne e con i denti serrati in un apparecchio, fu assai più parca del lanciatore dall’abbigliamento che riconduceva allo spirito di Easy Rider.

Le Universiadi del ’70, la nascita dell’attività indoor al Palavela, gli altri match di gran peso (uno memorabile con l’Unione Sovietica), la finale del Grand Prix al Delle Alpi, il mondiale di corsa campestre in un Valentino trasformato in una lunga onda verde Irlanda: il Primus Pontifex sapeva usare, per ogni evento, tutti i meccanismi che aveva costruito e continuato a oliare e il Cus, per ragioni storiche (era o no la sua incubatrice, la sua culla?), godeva di un naturale diritto di primogenitura.

Quando se n’è andato, il 7 novembre di 17 anni fa, il Ruffini è diventato Nebiolo, quel che era il 2 giugno si è trasformato in Memorial a lui dedicato. E nelle celebrazioni per il 70° anniversario, nella reggia, riecheggerà molte volte il nome del vecchio re.

Le pagine del sito del CUS Torino dedicate al 70esimo anniversario

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