Europa-USA: lo scontro dei giganti

11 Dicembre 2018

Nel 2019, prima dei Mondiali di Doha, il match di atletica su pista tra Vecchio Continente e Stati Uniti: appuntamento il 9-10 settembre a Minsk, in Bielorussia. Una sfida che rievoca quelle del passato Usa-Urss.

di Giorgio Cimbrico

Rinasce lo scontro dei giganti: Europa contro Usa, il 9 e 10 settembre 2019 a Minsk, prima di imboccare la strada che porta ai Mondiali di Doha. Il nome Minsk riporta diritti al tempo delle sfide che scandirono gli anni della Guerra Fredda: nel ’73, proprio nella capitale della Bielorussia, i sovietici sbaragliarono gli americani. Capitava spesso: in 19 faccia a faccia, il punteggio complessivo per 17 volte risultò favorevole all’Urss. Per gli Usa, 13 successi con gli uomini e uno con le donne. L’anno prossimo sono previsti premi in denaro. Ai vecchi tempi, le due superpotenze scendevano in campo per qualcosa di diverso: l’atletica diventava un momento di confronto tra i paesi che guidavano i due blocchi. I campioni del capitalismo contro i depositari del potere socialista. Stelle e strisce contro falce e martello.

Quel confronto andò in scena anche nei momenti più spinosi e accesi. Nel 1962 la fallita invasione di Cuba, con il disastro della Baia dei Porci, e l’abbattimento dell’aereo spia di Gary Powers avevano reso tesissimi i rapporti tra Washington e Mosca. Una vignetta dell’epoca mostrava John Kennedy e Nikita Krushev impegnati in un braccio di ferro, seduti su bombe atomiche che facevano tic tic tic. Esisteva la concreta possibilità che i destini del mondo potessero essere decisi da un conflitto nucleare.

Ma la sfida venne organizzata ugualmente e il merito deve esser assegnato a Payton Jordan, capo coach dell’Università di Stanford, e a Gavil Korobkov, commissario tecnico dell’Urss. Lavorarono di comune accordo al progetto e realizzarono quel che vecchi storici definiscono ancora il più grande incontro della storia. Per giustificare l’etichetta è sufficiente offrire il numero degli spettatori: 72.500 la prima giornata, 81.000 la seconda, il pubblico più folto registrato in un evento non olimpico.

Qualcuno preferì un’altra definizione: il Barnum dell’atletica. E qualcun altro, come Ralph Boston, lo spogliò del suo significato politico: “Non pensavo alla Guerra Fredda, vedevo solo quella grande squadra che era venuta dall’altra parte del mondo”.

Il cast era formidabile: Bob Hayes, Al Oerter, Wilma Rudolph, Igor Ter Ovanesian, le sorelle Press, Hal Connolly (che sparò il martello a 71,05, il suo quinto record mondiale, battendo Balkovski e Bakarinov), Valeri Brumel. Un anno prima, il re del ventrale era stato il protagonista del faccia a faccia di Mosca scavalcando 2,24, il secondo dei suoi sei record mondiali, lasciando John Thomas a 2,19. Quel 16 luglio 1961, ospitato dallo stadio Lenin, rimane uno dei giorni che meritano di esser ricordati: Boston atterrò a 8,28 e aggiunse quattro centimetri al suo record del mondo.

A Stanford Brumel salì a 2,26 dopo otto salti e un solo errore a 2,18 prima di concludere con tre tentativi a 2,28 che avrebbe superato, ancora in un match contro gli Usa, il 21 luglio 1963 nella capitale sovietica. Destò stupore la quota che chiese a vittoria ottenuta: 2,30. Il confronto tra americani e russi ha sempre fatto accendere le polveri dei saltatori: nel ’71, a Berkeley, Pat Matzdorf con 2,29 strappò il record a Brumel e nel ’77, a Richmond, in un match junior, il meraviglioso Volodja Yashchenko andò al di là di 2,33. Non era solo un record per la sua categoria di età.

VIDEO | ATLETICA: USA-URSS A STANFORD NEL 1962

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- La notizia sul sito European Athletics


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